Isabella Rossellini e Matt Dillon (che ritroviamo su una moto come in Rusty il selvaggio) fanno parte del cast di questo film molto particolare e suggestivo che esce nelle sale della Svizzera italiana. La regista è Shirin Neshat (aiutata da Shoja Azari), una nota artista iraniana di arte visiva contemporanea, conosciuta soprattutto per il suo lavoro nel cinema, nei video e nella fotografia che dal 1996 è esule a New York. In Land of Dreams mette a disposizione la sua arte per costruire un’opera dai toni asettici e dallo sguardo profondo e doloroso.

La protagonista è una giovane donna iraniana, Simin, che lavora per il governo americano nell’ambito di un nuovo programma di censimento, e va di porta in porta per interrogare gli abitanti sui loro sogni. La giovane inizia così un viaggio surreale in un Far West moderno, accompagnata da un cowboy che le fa da guardia del corpo e un sognatore innamorato di lei.

Una critica sistematica alla società americana, senza tralasciare quella pungente alla sua terra d’origine, travestita da commedia assurda.

Il primo aspetto che colpisce del film sono i colori: netti, simbolici e ben delineati. Abbiamo la protagonista che è sempre vestita di nero; la sua responsabile di bianco mentre i paesaggi sono i deserti americani chiari e color creta e gli uffici scuri. Anche l’auto ha un colore solo: il blu così come la Rossellini, collegata in video durante un censimento, sfoggia uno sgargiante vestito rosso. Non ci sono molte variazioni e ogni elemento narrativo ha la sua caratterizzazione precisa.

Il secondo aspetto interessante è l’immaginario che emerge dalla pellicola. Siamo subito immersi in un mondo visionario dove i sogni, l’inconscio delle persone, vengono incasellati e catalogati. Siamo in una sorta di distopia orwelliana nella quale lo Stato cerca di mettere sotto una cappa di vetro gli individui. Anche in questo caso la critica è duplice ed è indirizzata al governo USA (come monito per quel che potrebbe succedere) ma anche e soprattutto a quello iraniano attuale (e in questo caso è un grido d’allarme per quel che sta succedendo in questi anni).

E come ha detto la stessa regista in una recente intervista il film ha anche un lato autobiografico: “Come Simin, anche se ho vissuto più a lungo negli Stati Uniti che nel mio Paese, non mi sono mai completamente integrata nella cultura americana, ma ho sempre sentito anche una grande distanza tra me e l’Iran da quando vivo da sola, in esilio, da così tanto tempo. Quindi, mi identifico con il suo dilemma emotivo, psicologico, morale e politico poiché si trova in conflitto tra due culture molto opposte e sempre emarginata. Pertanto, mentre Land of Dreams appare principalmente come una critica sociale della società americana, è in realtà un’espressione della mia esperienza in America”.

Il film viene proiettato dal 26 gennaio all’Iride di Lugano e all’Otello di Ascona. Da non perdere.