È stata una notte molto divertente quella passata venerdì al cinema Lux di Massagno, in occasione della Notte del cortometraggio organizzata dallo Spazio 1929. Divertente, ma che ha saputo anche far riflettere. Come spesso accade – anche al Locarno Festival – i cortometraggi svizzeri sono stati di buona qualità. La prima sezione dedicata, appunto, alle produzioni elvetiche ha riproposto un paio di produzioni già passate a Locarno, accompagnate da altre che sono invece state selezionate al Kurzfilmtage WINTERTHUR. Insomma, una sorta di best of. I numerosi spettatori accorsi al Lux hanno riso parecchio con Digitals Immigrants di Dennis Stauffer e Norbert Kottmanndove, dove viene filmata una generazione che è cresciuta senza computer e si trova in età da pensione a dover apprendere a scrivere una mail o a fare una foto con il telefonino. Ognuno ha ritrovato, nelle facce espressive degli anziani, le espressioni attonite di un proprio genitore o un proprio nonno e ha riso con gusto e con affetto.
Ma tra i corti nazionali il più bello è sicuramente Bon voyage di Marc Wilkins. Un film sull’accoglienza dei migranti girato interamente sulla barca di due svizzeri che stanno facendo una vacanza nel Mediterraneo. A livello narrativo racconta il loro incontro casuale con un barcone colmo di migranti che scatena le reazioni della coppia. A livello metaforico (e la bandiera elvetica presente in quasi ogni inquadratura non lascia scampo a interpretazioni diverse) è il Paese a essere interrogato sulla politica dell’accoglienza. A livello personale, grazie a un’ultima emblematica scena, siamo tutti noi, cittadini, a dover dare una risposta a questo problema.
La seconda sezione della serata è stata intitolata Sacrée famille in quanto mette l’accento sui legami familiari. Tra le quattro produzioni è quella norvegese la più riuscita. Small talk di Even Hafnor & Lisa Brooke Hansen, grazie a un grazioso quanto tagliente humor nero (molto vicino a quello del finlandese Aki Kaurismaki per capirci), evidenzia le contraddizioni che si celano dietro le convenzioni. Ambientato durante le classiche riunioni di famiglia, mostra l’ipocrisia di una famiglia della classe media (simile a quelle tanto criticate da Bunel). I discorsi sono superficiali, inutili, ma altrettanto significativi per chi li ascolta. Gli accenni al tempo, alla farcitura della torta, alla crescita di un pino e all’andamento scolastico dei ragazzi, condite con canzoncine tanto ridicole quanto agghiaccianti, danno al film un tono surreale. Il tutto è interrotto da squarci di realtà come quando la nonna ha un infarto e finisce con la testa dentro la torta, oppure quando la stessa è in sala da pranzo, ma attaccata alle flebo e dentro un letto d’ospedale. Splendido il finale: all’anziana le staccano la spina, ma solo dopo l’ennesima canzoncina purificatrice con la quale la famiglia si mette a posto la coscienza.
C’est la vie, è stata la terza sezione della serata e proponeva cinque produzioni francesi. L’idea più originale e convincete è stata quella portata da Le plombier di Xavier Seron e Méryl Fortunat-Rossi, dove un doppiatore di cartoni animati accetta di sostituire un amico per ricreare le soavi atmosfere e i misteriosi suoni di un film porno. Lui e la collega devono quindi doppiare i vari atti sessuali attraverso i rumori e le esclamazioni di piacere di quei particolari momenti. E visto che il regista è molto esigente il doppiaggio, per le risate degli spettatori, deve essere ripetuto più e più volte. Da manuale.
Il programma prevedeva anche una quarta sezione che tuttavia, vista l’ora tarda, ci siamo persi. Sarà per l’anno prossimo.