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Il film dell’argentino Simón Vélez, lascia con una sensazione di spaesamento. Cosa lega la relazione tra la coppia innamorata dei protagonisti (interpretati da Gina Caicedo e William Vazquez) e il furto al motociclista, impersonato dallo stesso Simón Vélez? La lettura ci sembra scontata: un’indifferenza tale per la morte da rendere un incidente stradale occasione per compiere un furto. È infatti questa la trama del film. Un giovane deruba il corpo di un motociclista e se ne va con la moto del defunto. Continua la sua vita senza mostrare segni di rimorso approfittando di quanto ottenuto dal suo latrocinio. Anche la fiddanzata sembra non curarsi della situazione.

Una gioventù talmente assuefatta al degrado umano che non si ferma neppure per un instante a chiedersi se quel gesto sia giusto o sbagliato.

Dove sta lo spaesamento? Nel contesto. Il mondo indigeno, e quello meticcio, sono protagonsti di questa storia e allora viene spontaneo chiedersi se in fondo, questa, non sia una denuncia rivolta alla società argentina. Una sorta di riscatto del mondo indigeno. Siamo invisibili a tal punto che possiamo permetterci di compiere i gesti più abietti nella totale indifferenza. La stessa vittima, nella scena finale del film, si rialza allontanandosi dalla scena del crimine senza fare una piega. Il ponte? separa il mondo drasticamente e inesorabilmente in due!

IL PREGIO: il suo sigificato non è scontato

IL DIFETTO: lo stile cinematografico, forse per questo lavoro un po’ troppo pesante