Ci sono film belli, ci sono film brutti, e poi c’è La croce dalle sette pietre meglio conosciuto come Il lupo mannaro contro la camorra o La croce gemmata e la recensione potrebbe direttamente chiudersi qui ma questa volta mi sono immolato.
Questo capolavoro involontario del 1987 è diretto, sceneggiato, interpretato e prodotto dalla mente criminale di Marco Antonio Andolfi, meglio noto ai più coraggiosi come Eddy Endolf. Stiamo parlando di un’esperienza cinematografica unica nel suo genere. Un genere che non è nemmeno ben definito: un po’ horror, un po’ occulto, molto trash ma soprattutto tutto assurdo. Insomma, una delizia per palati raffinati, amanti della celluloide più tossica e sconclusionata.
La trama segue le (dis)avventure di Marco Sartori interpretato con stupefacente nonchalance dallo stesso Andolfi. Un uomo che vive apparentemente una vita normale finché non subisce il furto della sua preziosissima croce con sette pietre incastonate. Quello che Marco non sa, o forse sa fin troppo bene ma siamo noi spettatori ad ignorarlo, è che questa croce lo protegge da una terribile maledizione: senza di essa il nostro eroe si trasforma in una sorta di licantropo. Ma attenzione, non stiamo parlando di un elegante licantropo hollywoodiano, bensì di un goffo e improbabile mostro peloso, metà orso spelacchiato e metà Chewbacca sotto sedativi.

 

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