Le bambine è l’opera prima delle sorelle Bertani, un film – girato anche in Ticino – che sceglie di raccontare il mondo dell’infanzia, cercando di restituirne lo sguardo autentico e spesso spiazzante. Siamo negli anni ’90, e lo si capisce subito: i vestiti, le auto, l’arredamento e perfino la maglietta della madre con il volto di Luca Carboni raccontano un’epoca precisa. La musica ha un ruolo centrale, accompagnando il film con brani che vanno da Certe notti di Ligabue a Children di Robert Miles, fino a incursioni nella musica da discoteca, creando un tappeto sonoro che sottolinea la vivacità e l’incertezza di quegli anni.
Racconta l’estate vissuta da Linda, otto anni, che lascia la villa svizzera della ricca nonna con sua madre Eva, una donna spregiudicata e poco autoritaria. In Italia, Linda fa amicizia con le sorelle Azzurra e Marta, formando un piccolo “gang” infantile che mira a proteggere la loro giovinezza e libertà.
La macchina da presa si abbassa all’altezza dei bambini, ne segue i movimenti, li osserva da vicino, a volte si fa loro e la loro immaginazione, come quando la prospettiva diventa quella di una mosca (un insetto che torna a più riprese) o si immerge in una pozzanghera per restituire visioni oblique e spiazzanti. C’è una volontà creativa evidente, che dà al film un tono sospeso tra il gioco e una lieve inquietudine, come se il mondo degli adulti, con i suoi problemi, incomba sempre sullo sfondo. Le protagoniste – le bambine del titolo – sono straordinarie nel rendere credibile il loro modo di ragionare, a metà tra l’essere ancora piccole e l’affacciarsi a un modo di parlare e pensare quasi adulto.
Il film non si limita a osservare giochi e scherzi: introduce temi delicati come la tossicodipendenza, l’omosessualità incarnata dal tato Carlino, e il confronto intergenerazionale, dove a volte i bambini sembrano più maturi degli stessi genitori, pur conservandone in nuce certe caratteristiche, come la sfrontatezza. Attorno a loro ruotano figure eccentriche, quasi fiabesche: i gemelli che parlano all’unisono e non escono mai da soli, lo spacciatore di quartiere, il barista sposato ma innamorato di un uomo. Tutto contribuisce a creare un universo coerente nella forma ma, a tratti, fragile nella sostanza.
È proprio la narrazione, infatti, a risultare l’aspetto più problematico: manca una compattezza che aiuti davvero lo spettatore a entrare e restare nel film, e a volte ci si perde in episodi e suggestioni che non trovano una vera sintesi. Questo va un po’ a scapito della credibilità e dell’impatto emotivo, lasciando l’impressione di un racconto affascinante ma slegato.
Nonostante i difetti, Le bambine resta un’opera prima visivamente stimolante: ha momenti di vero incanto, grazie alle attrici bambine e regala immagini che restano impresse. È un film che osa, anche a costo di non essere sempre solido, e che invita a vedere l’infanzia non come un rifugio spensierato, ma come un’età in cui ci si confronta già, in modi sorprendenti, con le ombre e le contraddizioni del mondo adulto.



