Albert Serra attende paziente l’arrivo di John Waters allo Spazio Cinema, in questo ultimo primo pomeriggio del Locarno72.
Nella sua giacchetta e camicetta di due tonalità di rosa differenti, Waters non si risparmia in fatto di colori, e da subito la coppia moderatore-interlocutore suscita interesse.
L’attenzione e lo sguardo attento di Serra incontrano la disinvoltura di Waters, il quale non perde occasione di dimostrare sé stesso alla pari dei contenuti dei suoi film.
Le domande vertono immediatamente sul contenuto e sulla ricezione dei suoi film, soprattutto da parte dell’industria cinematografica e della produzione.
Il regista di Baltimora ammette e, si può dire, sottolinea la propria appartenenza al politically correct che, tutto sommato e forse paraddossalmente, non è tipicamente legato ai suoi film.
Anche se da qualche anno non ha più prodotto nuovi film, il regista continua a lavorare e a venire chiamato per dei progetti di film che però non vengono prodotti (ma per i quali, cosa più importante, viene pagato ugualmente).
Si passa poi alla questione della riduzione sempre maggiore dei budget alle produzioni, che però si attendono sempre la medesima qualità, e di come la maggior parte dei registi che arrivano nei cinema abbiano comunque più di cinquant’anni.
Quello che arriva da questo incontro è senza dubbio un mai scemato entusiasmo, che porta il regista verso un’apertura ai generi, agli stili e ad uno sguardo sul mondo che, malgrado lo sfarzo dei modi, è critico e mette in discussione il senso comune. Questo aspetto è forse quello che più avvicina il pubblico di oggi e di sempre, vertendo l’attenzione verso tutto ciò che sta sotto, che fa uscire dalla propria comfort zonee che, proprio come ha più volte ribadito Waters, ci fa ridere.
Poiché la risata è liberatoria ma non nega mai i temi importanti alla base dei film e del fare cinema, ci porta fuori e ci allontana dalla noia, ci fa riconoscere da chi vogliamo stare alla larga e ci fa conoscere tutto ciò che il senso comune oscura.