L’incontro con il regista – oltre che disegnatore, illustratore ed artista a tutto tondo – Fredi M. Murer, Pardo alla carriera di questa edizione, si è svolto all’insegna dei ricordi di 40 anni di Festival e dei paradigmi del lavoro di una vita.
Il suo rapporto con il Locarno Film Festival è lungo 40 anni e pieno di riconoscimenti. Cosa è cambiato ai suoi occhi nel corso di questi anni?
Ho assistito ad un grande sviluppo generale nel modo di fare cinema. I film sono figli del proprio tempo e gli elementi che lo compongono, comprese le tecniche, il pubblico e la ricezione delle opere muta con il tempo. I registi rincorrono le nuove tecniche per stare al passo con i tempi e con gli anni abbiamo assistito ad un cambiamento nel peso delle strumentazioni, nel colore, nell’audio,…
Locarno è stata per me un faro di ordine politico, essendo un Festival internazionale che, negli anni, ha dimostrato di saper guidare le innovazioni ed i film che hanno sempre avuto un elemento politico molto presente.
Negli anni ’60 e ’70 c’era molta più discussione sulle produzioni e la forza del cinema è sempre stato il motore politico in esso contenuto. Oggi non siamo più come nel ‘68, in cui si faceva cinema per cambiare le cose e quando non c’erano così tante possibilità di esporre le proprie opere, e proprio per questo motivo se ne sentiva molto di più l’esigenza.
Assistiamo oggi a una perdita di attrattiva proprio per l’eccessiva possibilità di fare cinema, non vi è più l’assoluta novità sullo schermo. In “tempo zero” possiamo guardare i film sui nostri dispositivi.
(…)
L’intervista integrale verrà pubblicata sul prossimo numero della rivista.