La seconda giornata de L’immagine e la parola è stata dedicata al montaggio. L’atto cinematografico più puro. Quello che decide tutto e sul quale tutto si basa.
È stato invitato, per l’occasione, Jacopo Quadri. Uno che di montaggi ne ha fatti molti in più di 30 anni di carriera e per registi importanti come Bernardo Bertolucci, Franco Bechis, Mario Martone e Gianfranco Rosi.
È un lavoro artigianale quello del il montatore. E infatti all’inizio della sua lezione, ha ricordato come si realizzavano una volta i film. Si tagliava e si incollava la pellicola, facendo attenzione a non sprecarne troppa. Per questa ragione bisognava fare molta attenzione a dove si andava a tagliare. Il punto del taglio era quasi sacro. Un’attenzione, che con il digitale, si è andata persa in quanto ora il sistema ti permette di provare e riprovare a tagliare all’infinito.
Quadri ha ripercorso la sua carriera attraverso alcune sequenze dai film ai quali ha collaborato. Per esempio ha parlato di una scena de L’Assedio di Bertolucci. E ha in particolare spiegato come – partendo da alcuni piani-sequenza e godendo della massima libertà da parte del regista – lui abbia voluto spezzare quella continuità narrativa per creare altri spazi e un altro ritmo interno. Dando, alla fine, un altro significato all’opera.
Attraverso un altro documentario, Boatman di Gianfranco Rosi, Quadri ha evidenziato il lavoro fatto partendo da materiale girato su più anni. In sostanza, mantenendo quale fil rouge, il fiume Gange, ha ricostruito la giornata tipo di un barcaiolo indiano, mescolando (attraverso il montaggio appunto), immagini girati dal regista in anni diversi. Il tutto attraverso anche delle rime interne e cioè delle immagini, dei suoni o delle musiche che periodicamente riappaiono nel corso della visione. Una sorta di aiuto allo spettatore per meglio farlo entrare in quell’ambiente e percepirne l’atmosfera. “Per me è sempre stato importante prendere per mano lo spettatore e accompagnarlo lungo tutto il film e durante il mio lavoro e nelle scelte di montaggio che faccio ho sempre presente questo aspetto”.
Altri due film come Garage Olimpo di Bechis e Il sicario (sempre di Rosi) gli sono poi serviti per evidenziare il concetto di pausa. L’intervallo in una narrazione che serve a respirare e a far sedimentare quanto appena visto. Intervalli che sono fondamentali e importanti e che possono anche acquisire significati profondi, dando al film ancora più forza.