Alla domanda “Come è nata Hollywood?” si possono dare molte risposte. Ma tutte hanno un denominatore comune, l’ispirazione originaria, il seme da cui ogni cosa è cominciata: D. W. Griffith. Il regista che più di ogni altro ha influenzato il cinema mondiale e di cui tutti, ma proprio tutti, sono debitori.
Sgomberiamo il campo da ogni dubbio: D. W. Griffith non ha inventato nulla. Non è stato un creativo e inventore come Georges Méliès. Ha seguito un’altra strada: è stato un grande organizzatore, ha usato il materiale cinematografico inventato da altri – le tecniche ideate e realizzate dai suoi predecessori, come per esempio le diverse inquadrature – e le ha messe a punto, le ha perfezionate, codificate. Ma non solo. Ha anche sistematizzato, organizzandole. È stata questa la sua vera forza. Ha, in parole povere, inventato il linguaggio cinematografico. Fino ad allora, infatti, le tecniche erano già quasi tutte note, ma slegate l’una dall’altra. Erano già presenti tutti i pezzi del puzzle, ma nessuno lo aveva ancora composto, nessuno aveva idea di quale raffigurazione sarebbe emersa dalla sistemazione di tutti i tasselli. Lui è stato il primo a immaginare il quadro finale e, armato di mestiere e senso pratico, lo ha costruito.
Anzitutto codifica la terminologia definendo che cosa è l’inquadratura (una singola ripresa, paragonabile nel linguaggio scritto a una parola), la scena (l’insieme delle inquadrature, paragonabile a una frase) e la sequenza (l’insieme delle scene che equivale a un paragrafo nella scrittura).
Partendo dalle inquadrature che per definizione sono frammentarie e discontinue rispetto alla realtà, ha dato un senso al racconto rendendolo continuo e omogeneo. E lo ha fatto attraverso una tipicità del cinema che è il montaggio. Per organizzare tutto è stato quindi necessario codificare una grammatica del cinema.