La corsa ali Oscar, quest’anno, è particolare. In lizza per il miglior film abbiamo due film che in qualche modo usano lo stesso sistema narrativo. Se Spike Lee con il suo Blackkklansman fa intrufolare un poliziotto nero all’interno del KKK, Peter Farrelly fa guidare a un bianco l’auto di un nero in Green Book. Entrambi i film, anche se ambientati a circa un decennio di distanza, sono efficaci e raggiungono appieno l’obiettivo. E soprattutto, in entrambi i casi ci troviamo davanti a un capovolgimento della situazione classica. Un modo curioso e interessante di affrontare il tema razziale.

Ma veniamo a Green Book. La storia è presto detta. Tony Vallelonga, detto Tony Lip, di lavoro fa il buttafuori in un locale, ma deve chiudere per due mesi a causa dei lavori di ristrutturazione. Lui, con a carico moglie e due figli, deve trovare il modo di sbarcare il lunario e coglie una nuova opportunità lavorativa, grazie al dottor Donald Shirley, un grande musicista nero che sta per partire per un tour di concerti, con il suo trio, attraverso gli Stati del Sud. Da un lato abbiamo quindi il personaggio colto e raffinato che vive una vita di agi a New York e vuole portare la sua musica nell’America profonda e razzista. D’altro lato un italoamericano cresciuto con l’idea che i neri siano più simili agli animali che ai bianchi. Il film parte da questo assunto e si sviluppa lungo le strade degli USA.

Siamo nel pieno del road movie, un genere usato molto spesso per parlare di crescita personale. Anche in questo caso i km percorsi vanno di pari passo con la reciproca conoscenza e il rispetto. Più strada fanno i due, meglio si capiscono. Apprendono le qualità e i difetti dell’altro, fino ad arrivare a instaurare una solida amicizia.

Il tutto seguendo la Negro Motorist Green Book, da cui il titolo. Pubblicata fino alla metà degli anni Sessanta, era una guida ai ristoranti e agli hotel che accettavano neri e che Don Shirley dà a Tony da studiare e da seguire. Le varie tappe del viaggio saranno infatti trovate su questa guida.

Viggo Mortensen, nei panni dell’italo-americano è davvero bravo. Così come credibile è pure Mahershala Ali e non per nulla sono candidati entrambi per gli Oscar. Ha già fatto incetta di premi in questi mesi come il premio del pubblico al Festival di Toronto e tre Golden Globe tra cui quello per la miglior commedia.

Da vedere, se potete, in lingua originale.