Dall’inizio dell’anno 2021 è il direttore del Locarno Film Festival. Giona A. Nazzaro (nato a Zurigo nel 1965) ha una lunga carriera alle spalle nel settore cinematografico. Tra le altre cose è stato delegato generale della Settimana Internazionale della Critica della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia dal 2016 e membro del comitato artistico di IFFR – International Film Festival di Rotterdam. Laureato in Lingua e letteratura tedesca e inglese, è stato programmatore e curatore del comitato di selezione di Visions du Réel di Nyon dal 2010 al 2020 e ha anche partecipato al Locarno Film Festival in qualità di moderatore. Giona A. Nazzaro ha collaborato con diversi Festival di cinema come il Torino Film Festival, il Festival internazionale di Roma e il Festival dei Popoli di Firenze. È stato autore e curatore di monografie dedicate a registi come Gus Van Sant, Spike Lee e Abel Ferrara. Ha inaugurato lo studio del cinema di Hong Kong in Italia, curando diversi libri, e ha approfondito lo studio di nuove strategie della narrazione seriale televisiva. Interessato alle nuove tecnologie nel cinema e nell’arte, è professore di Media Design and MultiMedia Arts alla NABA (Nuova Accademia di Belle Arti). Giornalista di formazione, collabora con numerose testate internazionali. È stato anche membro della Commissione federale del cinema CFC.
Con il fotografo Roberto Pellegrini lo abbiamo incontrato al PalaCinema, un bel pomeriggio di inizio maggio. Ecco quanto ci ha detto.

Direttor Nazzaro, sono passati alcuni mesi dalla sua entrata in carica, che primo bilancio fa?
Il bilancio personale, che non tiene conto delle varie problematiche legate alla pandemia in corso, è assolutamente positivo. Abbiamo iniziato subito a lavorare e con grande determinazione alla messa a punto del programma, ottenendo una serie di risultati che vengono annunciati proprio in queste settimane. Ho anche trovato una squadra molto motivata e che opera con grande determinazione affinché tutti possiamo ritrovarci in Piazza Grande ad agosto. Ovviamente il percorso non è lineare e le incognite sono ancora moltissime, ma la situazione offre opportunità inedite. In mezzo ai molti svantaggi provocati da questa situazione c’è anche un vantaggio e cioè il fatto che siamo costretti a pensare in modo diverso e originale.

Durante la sua presentazione il presidente Marco Solari ha sottolineato il fatto che il festival è internazionale, ma con radici locali. Come farà a coniugare questi due aspetti?
Condivido al 100% l’affermazione del presidente Solari perché riflette il valore principale di Locarno e cioè un festival dalla storia importante, che ha contribuito a definire il cinema mondiale, ma che è anche ancorato a un territorio molto particolare come il Ticino. Per quel che mi riguarda, operare in una dimensione locale nel senso nobile del termine e in una prospettiva internazionale nel senso più aperto e meno banale del concetto, è paradossalmente la migliore delle situazioni possibili. Perché portare un cineasta, da qualsiasi Paese provenga, in un contesto come Locarno, significa portare quella persona in un luogo popolato da altre persone. Non è solo la presentazione di un’opera in un contesto più o meno astratto. Le persone che sono state qui portano poi con loro il ricordo del festival che diventa il ricordo di un posto, dei sapori, delle persone, dei suoni, delle abitudini di Locarno. Altrove è molto diverso. Qui abbiamo il senso della festa che sta nel festival. Oggi, nel momento in cui rischiamo di perdere le nostre storie e le nostre radici, possiamo ritrovarle in uno scambio reciproco, generoso, aperto e paritario con gli altri. Noi siamo loro e loro siamo noi.

Foto (© Roberto Pellegrini)

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