È possibile rendere la guerra per nulla spettacolare? Ho scoperto di sì. Il film presentato nel concorso principale intitolato Fi al-thawra (che dura più di 2 ore e mezza), della regista Maya Khoury, ci immerge nel conflitto siriano tra il 2011 e il 2017. Una donna (che non vedremo mai) filma un gruppo di attivisti politici che cercano di organizzarsi per rovesciare il regime al potere. Un gruppo di persone che discute per ore e per giorni su vari dilemmi legati alla rivoluzione e che nel tempo si fanno sempre più aspri. Se da un lato, nell’idea della regista, l’opera vuole offrire una riflessione politica sulle enormi difficoltà di riunire un popolo sempre più diviso, d’altro lato le infinite discussioni annoiano a morte lo spettatore. Sembra di tornare indietro nel tempo, negli anni 60 e 70, all’epoca delle rivoluzioni studentesche, dove ogni parola scritta su un volantino scatenava discussioni e litigi. L’ambiente che si respira nel film è proprio questo e non basta mostrare in modo insistente gli strumenti usati per comunicare (computer, telefonini, social, ecc) per rendere il tutto più interessante. Anzi.

Mentre fuori c’è l’inferno e le città di Aleppo e Homs vengono rase al suolo (certo, la fine del film si concentra sulla guerra, ma non è sufficiente a cancellare le 2 ore precedenti), si discute e si ragiona su come fare la rivoluzione. Mah.