Favolacce, ultimo film dei fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo e prodotto anche dalle nostre AMKA Films Productions e RSI, si è fatto notare nel panorama del cinema europeo vincendo l’Orso d’argento per la miglior sceneggiatura alla Berlinale.
Loro secondo lungometraggio, Favolacce si avvale sicuramente di un interesse spasmodico dei fratelli non solo nei confronti del cinema, ma anche di un discorso critico nei confronti della terra nella quale sono cresciuti e dei movimenti tanto politici quanto intergenerazionali che diventano luogo di crescita e di abbandono.
In una periferia di Roma, viene raccontata una favola finita male, quella di alcune famiglie in cui ognuna rivede nel proprio giardino, fra le siepi che lo circondano, un mondo finito, che inizia e termina esattamente nello stesso luogo.
Sono famiglie apparentemente normali, di genitori e figli, dove però il malessere fuoriesce da ogni sguardo, da ogni pretesa di perfezione caricata sui propri figli e sullo sguardo altrui. Dove più la perfezione è ricercata, l’affetto viene a mancare. Disfuzionale, si potrebbe dire, eppure pretenziosamente normale.
La perfezione apparente e più volte sottolineata, cela un movimento sotterraneo che non è visibile agli occhi solo a prima vista aperti della generazione ormai adulta. L’infanzia, in questo film, subisce inesorabilmente il rigido controllo di un governo prepotente, arrivando forzatamente a dover mettere in atto soluzioni che portano verso un destino di autodistruzione. Basta veramente un niente, in Favolacce, a far capire a questi bambini cosa devono fare se vogliono mettere fine a una sequenza di eventi. E basta così poco che lo spettatore viene lasciato disarmato e costernato dalla mancanza di strumenti in mano a una generazione, in questo caso, senza futuro.
Sono tante storie parallele e interconnesse quelle raccontate in Favolacce, dove ognuna guarda l’altra in maniera circospetta e con un’intolleranza verso l’apertura che non può che non trovare una fine dolorosa. Ognuno ha le proprie mancanze, che sia l’affetto di un abbraccio o della conoscenza. Pare che il percorso, in questo film, sia potenzialmente al contrario rispetto ad una crescita personale e morale, che invece va piano piano verso un’involuzione senza limiti.

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