Ci vuole coraggio a fare un film su un mulo. E al polacco Jerzy Skolimowski durante tutta la sua carriera questa qualità non è mai mancata: figuriamoci all’età di 84 anni se si fa qualche problema in questo senso. Ci vuole anche più coraggio se si pensa che questo EO è l’adattamento di un classico della storia del cinema di Robert Bresson: Au hasard Balthazar (1966). Anche qui, come nell’originale, la vita di un semplice mulo è un mezzo per esplorare gli umani sentimenti; da quegli migliori (davvero pochi) ai peggiori (molti). Così, attraverso mille vicissitudini, seguiamo l’animale che passa di proprietario in proprietario, in una sorta di odissea.

Il discorso che fa il regista polacco è come quello di Bresson: l’innocenza del mondo animale è contrapposta alla cattiveria umana e solo comprendendo la prima ci si potrà salvare. E allora, per distinguersi dall’originale, gioca con la forma e con le luci, i colori, i movimenti di macchina in alcune scene che sono anche divertenti, ma davvero che non hanno una grande influenza sulla storia raccontata. Anzi, si rischia di cadere in una sorta di virtuosismo da videoclip d’avanguardia (ma negli anni 80 e 90) dal quale è difficile uscirne vivi.

E come per Armageddon Time anche qui il film ricorre a un’icona del cinema: se là era Anthony Hopkins, qui è Isabelle Huppert. Ma pure in questo caso non riesce a salvare un film che si può vedere, ma che non merita una seconda visione. E che soprattutto non è all’altezza del suo autore.