Dolor Y Gloria, il nuovo film di Pedro Almódovar, presentato a Cannes, è stanco e sofferente. Un po’ come il protagonista Salvador, interpretato da Antonio Banderas. Il regista iberico ricorda alcuni fatti legati alla sua infanzia e alla sua giovinezza e li porta sul grande schermo. Quando, con i suoi genitori emigrò in una casa-caverna nella regione di Valenzia negli anni 60 o il primo amore vero nella Madrid degli anni 80. Un passato che ritorna, grazie ad alcuni eventi casuali e che gli fa tornare la voglia di scrivere un film. Ci prova a dare un po’ di energia Penelope Cruz, che fa la mamma del bambino Salvador-Pedro, ma senza un grande successo. E lo stesso Banderas, seppur bravo nell’uomo affaticato e addolorato, non va a fondo del male che lo affligge. C’è il colore, anche vivo e acceso di pareti, teatri e vestiti, ma manca il melodramma. Non emoziona e, anche il gioco del teatro nel teatro, non stuzzica più di tanto.
Magari vincerà pure la Palma d’oro, premio che avrebbe meritato per altri film, ma questo Dolor Y Gloria non ha fatto centro. Un po’ come un rigore (perché ha scelto un argomento personale e quindi in teoria semplice) tirato sopra la traversa. Anzi, in cielo, laddove risplendono i suoi film più riusciti.