Il pomeriggio al Palacinema si apre con Claire Atherton, montatrice legata indissolubilmente a Chantal Akerman, che non trattiene le lacrime di fronte alla sala in attesa di sentirla e di vedere D’Est, film della Akerman del 1993.
Nella mattinata di domenica, Claire Atherton ha raccontato al pubblico dello Spazio Cinema il suo rapporto con Chantal ed il montaggio, quel percorso verso una carriera e, in generale, una vita così difficile da delineare senza il rischio di tralasciare elementi importanti.
Il legame fra le due cineaste è trascorso fra silenzi, lunghi momenti di visione di immagini e la volontà condivisa di fare un cinema legato al tempo che passa, permettendo di percepirlo in tutta la sua profondamente radicata lunghezza.
D’Est nasce da un viaggio verso Oriente, in un momento storico importante che vede la caduta del muro di Berlino, un’apertura verso il resto del mondo ma anche una perturbazione nella società che viene piano piano mutata.
Questa perturbazione si mostra imponente nei lunghi piano sequenza creati da spostamenti d’auto lungo le strade o entrando nelle case e nelle azioni quotidiane della gente, catturando l’immobilità delle persone in attesa, lo sguardo lontano e un po’ perso di chi ha tutta l’aria di essere stato sradicato.
Sradicamento presente nella vita della Akerman vissuto attraverso gli occhi di una madre sopravvissuta ai campi di concentramento.
Nessuna costruzione di dialoghi, solo lenta osservazione, incontrando gli sguardi più e meno accoglienti delle persone e spaziando in ambienti ambivalenti, di costruzione verticale e dispersione orizzontale.
La filmografia di Chantal Akerman non risolve, bensì mette in questione minuto dopo minuto, creando narrazione anche senza il bisogno di parole o di messa in scena. Narrazione figlia anche dell’ultima scrittura filmica in gioco, il montaggio che, grazie all’attenzione ed alla dedizione di una vita di Claire Atherton, ci dà la possibilità di crescere grandemente in poche ore di film.