È sempre bello trovare un progetto originale nel mondo della musica. Ormai siamo abituati ai soliti biopic confezionati per tutti i gusti – stile Bohemian Rhapsody sui Queen – che ci facciamo piacere tutto. Quando si incontra una novità davvero interessante, vale la pena sottolinearla. E questo documentario diretto da Andrew Dominik (già autore di Blonde, film sottovalutato ma destinato a diventare un cult, e di One More Time with Feeling su Nick Cave) centra perfettamente l’obiettivo. E lo fa con un’altra icona mondiale: dopo Marilyn Monroe, tocca a Bono Vox.
Il cantante degli U2 è il protagonista assoluto di questo progetto originale e affascinante. Particolare perché è girato in un teatro, il Beacon Theatre di New York, in uno spettacolo che fonde musica, racconto e confessione. Stories of Surrender: An Evening of Words, Music and Some Mischief è la trasposizione scenica del memoir Surrender: 40 canzoni, una storia, pubblicato nel 2022 (Mondadori in Italia).
È uno show minimalista, con un tavolo, quattro sedie, un’arpista e una violoncellista. Ma l’essenza è tutta nella voce e nel corpo di Bono, che racconta la sua storia come fosse un’epopea personale. Si mette in scena con sincerità e ironia, evocando episodi fondamentali della sua vita: la nascita con una malformazione cardiaca che anni dopo lo portò quasi alla morte, l’incontro – nella stessa settimana – con la futura moglie e con la band che lo avrebbe portato alla fama, il rapporto complesso con il padre irlandese “duro e puro”, e molto altro.
Il bianco e nero scelto per il film amplifica la sensazione di racconto epico e intimo insieme, quasi a voler dare una dimensione mitica ai ricordi. Come nel caso dell’incontro con Luciano Pavarotti: “Venne nel nostro studio per convincermi a partecipare al suo spettacolo benefico a Modena, ma Adam e Larry, cresciuti col punk, erano contrari… e si nascosero”. O il surreale faccia a faccia tra suo padre e la principessa Diana: “A lei bastò tenderle la mano, e otto secoli di oppressione si eliminarono in otto secondi”.
Tutto il documentario segue questo tono: personale ma universale, ironico e profondo. Un vero flusso di coscienza che alterna parole e musica. Accanto ai ricordi, Bono racconta anche la genesi di brani iconici come Pride, Beautiful Day, With or Without You o la mitica Sunday Bloody Sunday, eseguiti in versioni acustiche e intime, accompagnate solo da arpa e violoncello. Un modo nuovo di ascoltare canzoni che pensavamo di conoscere, e che qui assumono nuovi significati.
Lo spettacolo è stato accolto con entusiasmo al Festival, dove ha ricevuto una standing ovation di oltre sei minuti. Tuttavia, alcune voci critiche – come Empire Magazine – hanno segnalato una certa tendenza all’autoindulgenza, mentre altri, come InSession Film, hanno sottolineato come il documentario manchi della profondità emotiva che Andrew Dominik aveva raggiunto nei lavori con Nick Cave.
Ma al di là delle critiche, Bono: Stories of Surrender è una confessione sincera, quasi una liturgia laica. Uno spettacolo fatto di parole e musica davanti a migliaia di persone che pendono dalle sue labbra, che ascoltano estasiate o, al minimo cenno, cantano con lui.
E con loro, anche noi.
Dal 30 di maggio visibile su AppleTV.




