Con Anno Uno (1974), Roberto Rossellini firma una delle sue opere più mature anche se non forse più memorabili, in cui lo sguardo del cineasta si fa strumento di riflessione storica e politica. Il film, oggi restaurato in 4K e presentato al Locarno Film Festival, ricostruisce con rigore e sobrietà la parabola politica di Alcide De Gasperi, statista e padre fondatore della Repubblica Italiana, attraversando un decennio cruciale della storia (1944–1954).
Il film si apre con un dettaglio rivelatore e simbolico: una voce fuori campo che grida “Paisà!”, richiamo esplicito all’omonimo capolavoro del 1946. È un’autocitazione discreta ma carica di senso. Rossellini stabilisce così un ponte tra le sue due stagioni artistiche: il neorealismo lirico ed emozionale del dopoguerra e il rigore pedagogico e intellettuale degli anni Settanta. Un grido che non è solo un rimando, ma un richiamo all’umanità, alla memoria, alla storia collettiva.
Lontano da ogni tentazione retorica o epica, Anno Uno adotta un registro rigorosamente didascalico, quasi scolastico. I dialoghi sono perlopiù tratti da documenti d’archivio; la narrazione, lineare, procede senza scossoni né deviazioni emotive. La scelta di eliminare del tutto la colonna sonora e ogni artificio di drammatizzazione accentua l’impressione di un’opera vicina al documentario, priva di tensioni forzate, fedele alla cronaca più che al pathos.
La recitazione è piana, controllata, mai sopra le righe — segno di una direzione attoriale lucida e misurata. Rossellini sa esattamente come calibrare le interpretazioni affinché servano il testo e non l’emozione. Non si cerca il coinvolgimento dello spettatore attraverso l’empatia, ma piuttosto la comprensione razionale dei fatti.
L’estetica del film contribuisce a questa impostazione: ambienti grigi, cupi, spogli, senza gioia. Le immagini — ora restaurate con grande cura tecnica — esaltano il tono austero dell’opera.
Girato trent’anni dopo gli eventi narrati, Anno Uno si propone non tanto come ricostruzione nostalgica quanto come esercizio di memoria civile. Non è un film “facile”, né intende esserlo: il suo valore sta nell’ambizione di educare, di porre domande, di offrire strumenti per leggere il presente alla luce del passato. Come ha osservato il direttore artistico Giona A. Nazzaro, si tratta di un film “da riscoprire per nuove generazioni”, capace di riaffermare la possibilità di un cinema morale e politico.
Certo, Anno Uno rimane un film molto italiano: per il tema, per il soggetto, per il contesto. Ma è proprio questa radice che ne fa oggi un tassello fondamentale del patrimonio culturale europeo. Locarno ha fatto bene a recuperarlo, permettendoci di rivedere — e riconsiderare — il progetto rosselliniano di un cinema come strumento di conoscenza.
In proiezione il 9 agosto (ore 11 al Palacinema) e l’11 agosto (ore 16.30 al Rialto).



