All’interno della Biennale dell’Immagine di Chiasso, iniziata in settembre e che continua sino al 14 di novembre, c’è una sezione cinematografica dedicata al cinema-falsità. Tema curioso che è stato sviluppato dal regista ticinese di Cronofobia Francesco Rizzi.
“L’iniziativa è della Biennale dell’immagine di Chiasso, in collaborazione con il Cineclub del Mendrisiotto, i quali mi hanno contattato per elaborare una rassegna cinematografica sul tema del falso. Per me è stata una prima volta e devo dire che mi è piaciuto molto, l’ho trovata un’esperienza molto stimolante” racconta il curatore.
La rassegna ha un titolo che attira: Cinema-falsità.
“È un po’ provocatorio, si rifà a una frase di Federico Fellini, il quale diceva: ‘Non sono per il cinema-verità, ma per il cinema-falsità’. In realtà la nostra proposta non vuole essere l’antitesi del cinema-verità, anche perché abbiamo proiettato almeno un paio di film che devono molto al lavoro di registi come Jean Rouch o Dziga Vertov. Mi interessava più che altro esplorare l’idea del falso al cinema e cercare dei film che avessero utilizzato l’invenzione e la falsificazione in un modo dichiarato e particolarmente creativo. Ho scelto sei film, tutti vicini alla forma del documentario, perché è un terreno particolarmente adatto al gioco sull’ambiguità fra vero e falso. Ovviamente si è trattato di scelte soggettive e limitate, ci sarebbe molto altro materiale su un tema del genere”.
Ma passiamo in rassegna i film della rassegna. Cinque proiezioni su sei sono già state effettuate. E cerchiamo di inquadrarle meglio.
“Abbiamo iniziato con un mockumentary, Forgotten Silver di Peter Jackson. Mi piaceva molto l’idea di un film che mettesse in discussione il patto di fiducia che esiste tra l’autore e lo spettatore, raccontando attraverso i codici del documentario una storia di fantasia, in cui sono però disseminati qua e là alcuni indizi utili a riconoscere la finzione. Il mockumentary ci invita a riflettere su quanto siamo portati a credere a ciò che vediamo, se ci viene presentato in una forma a cui siamo soliti attribuire tutti i crismi dell’attendibilità, ad esempio grazie ai firmati di archivio, alle interviste con gli esperti o alle ricostruzioni storiche. E poi mi piaceva l’idea di partire con un film divertente, che mostrasse il lato ironico e giocoso del falso e che fosse nel contempo un sentito omaggio al cinema”.
Come aggiunge Rizzi “Il secondo film che abbiamo presentato è un classico: F for Fake di Orson Welles, che ho scelto perché ci porta a inquadrare il rapporto tra il falso e l’arte. C’è una battuta nel film, attribuita a Picasso: “L’arte è una menzogna che ci permette di conoscere la verità”. F for Fake è un film complesso, molteplice: ci presenta le storie di alcuni falsari e diventa una sorta di saggio sull’ossessione e sull’illusione dell’autenticità nell’Arte; al tempo stesso è un film sul potere manipolatorio del cinema e del montaggio, e anche una specie di autoritratto-confessione personale del regista. Welles si diverte, svelando alcuni meccanismi nascosti del cinema, giocando sempre sul confine tra la menzogna e la verità, l’arte e l’illusione. Il film si apre con un gioco di prestigio fatto dallo stesso regista a un bambino, che sembra la rappresentazione di noi spettatori. Prendendo spunto da questa e altre allusioni alla magia presenti in F for Fake, abbiamo chiamato un mago, Ferdinando Buscema, per introdurre il film e sottolineare gli aspetti che lo rendono ancora oggi significativo.”
Il terzo film presentato dalla rassegna è stato Exit through the gift shop di Banksy. “Mi interessava perché mi sembra in qualche modo dialogare con il film di Welles, anche se a quasi 40 anni di distanza. Anzitutto perché è incentrato anche questo sul mondo dell’arte e sul concetto di autenticità, anche se qui l’oggetto è quello della Street-art. Il film segue le vicende di un eccentrico quarantenne francese trapiantato in California, Thierry Guetta, che documenta compulsivamente con la videocamera la propria vita e le gesta di alcuni artisti prima di decidere di intraprendere a sua volta una redditizia carriera nel mondo dell’Arte, copiando un po’ il lavoro delle personalità con cui è entrato in contatto. Tra loro c’è Banksy, che dopo aver incontrato Guetta e avergli concesso la possibilità di accedere al suo mondo, decide di fare un documentario su di lui, invertendo i ruoli. Exit through the gift shop rimane nell’ambiguità. Usa una forma molto realistica, quasi da reportage, ma la storia raccontata è talmente esemplare che alla fine rimane il dubbio che si tratti di una grande performance ideata da Banksy, per illustrare cosa differenzia un artista da un imprenditore dell’arte”.
Il film seguente è stato The Act Of Killing di Joshua Oppenheimer. “Credo si possa in parte definire un film sul potere della finzione e sulla sua capacità di arrivare nei luoghi più nascosti della coscienza delle persone. Racconta la purga anticomunista avvenuta in Indonesia tra il 1965 e il 1966, che portò alla morte di un milione di persone, dal punto di vista di due preman (gangster), Anwar Congo e Adi Zulkadry, diretti responsabili dell’uccisione di centinaia di uomini ed oggi rispettati e temuti membri di organizzazioni paramilitari indonesiane. Loro non si limitano a fornire testimonianze per il documentario, ma su invito del regista, rimettono in scena i propri crimini come protagonisti di un film. Le rielaborazioni sceniche di queste uccisioni diventano sempre più surreali e vengono fatte ispirandosi ai generi cinematografici, come il western e il gangster movie, quelli dei film che questi criminali vedevano da giovani, prima di andare a uccidere. È un continuo corto circuito che usa il falso come grimaldello per scardinare le coscienze”.
Il quinto film presentato dalla rassegna è stato Under The Sun di Vitaly Mansky. “Il regista ha avuto l’autorizzazione dal governo della Corea del Nord di girare un documentario sul Paese comunista perfetto. Tutte le scene erano state scritte ed elaborate da esponenti del governo, con persone comuni già scelte come attori, pronti a fare la loro parte per mettere in mostra le virtù del Paese, fra parate, culto della dinastia dei Leader e scenette patriottiche. Il regista ha però deciso di smascherare questo meccanismo inserendo nel film del materiale girato fuori scena e scartato dai censori, ma che lui, prendendosi dei notevoli rischi, era riuscito a salvare con uno stratagemma. In questo caso è grazie al lavoro di montaggio, che si scardina la menzogna di un cinema di propaganda”.
L’ultimo film in programma il 7 novembre alle 19, al Cinema Multisala Teatro, è Apocalisse nel deserto di Werner Herzog. Una scelta piuttosto evidente per chi conosce un po’ questo regista particolare.
“Infatti – spiega Rizzi ”è uno dei registi che per tutta la sua carriera ha lavorato in modo molto creativo sul confine tra vero e falso, mescolandoli e dichiarandolo apertamente. A lui non interessa documentare la verità dei fatti, ma avvicinarsi ad una verità più profonda, ‘estatica’, che sappia far luce sui lati oscuri dell’esistenza, mostrandoci le cose come se le vedessimo per la prima volta. Una verità che si può ottenere grazie all’invenzione e alla trasfigurazione poetica della realtà. In questo film girato nel 1992, alla fine della Guerra del Golfo, Herzog utilizza ad esempio le straordinarie immagini dell’incendio dei pozzi petroliferi in Kuwait per illustrare una catastrofe quasi mitologica, come se fosse osservata e raccontata da un testimone alieno, sceso per la prima volta sulla Terra. L’effetto è potente e decisamente straniante. Per quest’ultima proiezione avremo anche l’introduzione di Ivan Cenzi, grande appassionato dell’opera di Herzog e curatore di bizzarrobazar.com, un blog molto seguito”.
Ci tengo infine a segnalare, sempre in tema di falso, un incontro-conversazione fra lo stesso Ivan Cenzi e lo scrittore WuMing 1, autore del libro La Q di Qomplotto. Si parlerà del ruolo delle fantasie di complotto nella società e dei modi più efficaci di affrontarle. L’incontro, offerto dalla Biennale dell’Immagine in collaborazione con ChiassoLetteraria, si terrà sempre domenica 7 novembre, alla Filanda di Mendrisio alle 16.30.