In un futuro lontano l’umanità ha abbandonato la Terra, ormai inabitabile a causa di guerre e devastazioni climatiche, per colonizzare un nuovo pianeta, su cui, tuttavia, possono sopravvivere solo le donne. Questo è la cornice entro cui si sviluppa la storia di Roxy, figlia di Zora, che dissotterra una criminale chiamata Kate Bush. Quest’ultima, non appena viene liberata, uccide le amiche della sua liberatrice e scappa. Roxy e sua madre vengono ritenute responsabili dell’omicidio dalle autorità del villaggio in cui hanno vissuto per tutta la loro vita: per questo sono cacciate dalla loro comunità e vengono condannate a trovare Kate e a ucciderla.
Il regista, Bertrand Mandico, realizza un favoloso e molto interessante mix di generi ed elementi visuali. Pur essendo chiaramente un film di fantascienza, come la breve sintesi della trama fa intuire, il viaggio delle due donne, finalizzato all’eliminazione di kate Bush per ristabilire l’ordine e la giustizia ed essere così riammesse nel villaggio da cui provengono, ricorda il western: le due donne si mettono in marcia a cavallo (unico mezzo di locomozione disponibile sul pianeta) intraprendendo un viaggio all’interno di un paesaggio disabitato e ancora selvaggio, al fine di uccidere chi ha infanto la Legge e, in tal modo, cancellare la fonte di perturbazione dell’armonia e della giustizia. Nel frattempo, le abitanti di questo pianeta sono descritte come costanti prede di una frenesia sessuale inarrestabile e il regista ce le mostra spesso intente in atti sessuali fra loro e onanistici, innestando una forte componente erotica nel proprio lungometraggio. Anche il fantasy viene preso in considerazione, soprattutto a livello visuale e grafico: qui si apre una parentesi molto importante per l’economia visiva del film, dato che il regista sceglie di non fare ricorso agli effetti speciali ormai tradizionali nel cinema mainstream contemporaneo. I vari espedienti digitali odierni, come il chroma key o il morphing, vengono rigettati in favore di un approccio vintage che affonda a piene mani nel cinema statunitense degli anni ’80 e ’90, in particolare nei generi della fantascienza e del fantasy, ricordando, fra i tanti, film come Excalibur di Jon Boorman, Hook – Capitano Uncino di Steven Spielberg, Blade Runner di Ridley Scott e Labyrinth – Dove tutto è possibile di Jim Henson. Il paesaggio extraterrestre viene configurato facendo ampio uso di fumo in scena e di sopraimpressioni, luci al neon e fosforescenti, trucchi sovrabbondanti e oggetti scenografici ricorrenti: in particolare enormi cristalli di quarzo, lampade e lampadine che campeggiano tanto negli elementi naturali, come gli alberi, quanto come ornamento a cavalli e ad esseri umani.