Nel corso di svariati anni, Leila Amini osserva tramite la macchina da presa alcune importanti vicende riguardanti l’intimità della propria famiglia. Il punto di vista è interamente femminile, dato che l’autrice fa parte di un nucleo famigliare composto unicamente da donne, a seguito della morte del padre e della sola presenza di sorelle e della madre. Amini delinea quindi un importante spaccato in forma diaristica della condizione della donna in Iran, raccontando il rapporto conflittuale di Nasreen, la sorella protagonista del film, con sé stessa: divisa tra la volontà di rispettare la tradizione adempiendo ai dettami sociali che la vogliono una brava madre e moglie e il desiderio di riempire un vuoto interiore derivante dalla mancanza di altro nella sua vita che non siano i ruoli tradizionali legati alla figura femminile.

Il documentario di Leila Amini è affascinante perché si situa nel cuore di uno dei maggiori problemi irrisolti della società iraniana: la condizione femminile. Questa tematica viene raccontata da una donna che riprende altre donne all’interno del nucleo domestico, intrecciando due livelli di legami familiari: il proprio, mostrando i rapporti fra sé stessa, le sorelle e la madre, e quello di Nasreen con i figli e il marito perennemente assente. Leila Amini affronta queste tematiche ricorrendo a scelte stilistiche che coniugano la modalità osservativa e quella partecipativa delle tipologie documentaristiche (prendendo in considerazione le classificazioni di Bill Nichols e di Guy Gauthier): nell’ultimo caso citato l’enfasi viene posta sull’interazione fra regista e soggetto, come quando Leila negozia con le persone osservate la presenza della macchina da presa (la si sente chiedere più volte “posso riprendere?”), oppure quando parla con i suoi parenti, ponendo loro domande (come fa col figlio maggiore di Nasreen nella scena in cui è sconvolto perché la sorellina minore si è fatta male) o dialogando con loro (ad esempio, quando Nasreen sta soffrendo per l’imminente divorzio dal marito, decide di appoggiare la mdp ancora accesa e di abbracciare la sorella). La modalità osservativa, nettamente dominante rispetto all’altra, si basa sull’importanza conferita al coinvolgimento diretto fra il regista e la vita quotidiana delle persone filmate: nel caso di A Sisters’ Tale ciò è determinato dallo stretto legame di parentela fra osservatore e  osservati, che permette alla regista di cogliere e di registrare attimi caratterizzati da immensa spontaneità e naturalezza, fino a raggiungere momenti in cui Leila letteralmente si nasconde fra le pareti di casa per meglio riprendere le reazioni delle sue sorelle agli avvenimenti, realizzando delle sequenze in cui buona parte dell’inquadratura ritrae un muro o una porta sfuocati. Questa voluta mancanza di cura formale si ripresenta anche in alcune scene filmate all’improvviso, mentre la regista si muove o quando deve accendere improvvisamente la mdp in momenti chiave, realizzando così inquadrature sbilenche e sfuocate. L’attenzione verso l’elemento estetico viene quindi spesso sacrificata a favore della ripresa diretta di avvenimenti irripetibili, segnalandosi quindi come una delle caratteristiche formali di questo film.