Un colpo di fulmine. Un film che mi è piaciuto molto. A Chiara di Jonas Carpignano (di cui ricordiamo A Ciambra) è ospite della Quinzaine des Réalisateures, con questo altro piccolo grande lavoro. Ambientato ancora a Gioia Tauro, in Calabria, è la storia di una ragazza che scopre la vita segreta dell’adorato padre. Lui, in realtà, è un affiliato della ‘Ndrangheta, coinvolto nei traffici di droga della cosca locale.

Ma la bellezza di questo film non sta tanto nella storia (anche se la scoperta graduale della vita del padre da parte di Chiara è convincente e davvero ben costruita), quanto nelle relazioni tra i famigliari. Soprattutto in quella tra il padre e le figlie. Lui è visto come un eroe, un padre a cui voler bene e solo un fatto accidentale cambia lo sguardo di Chiara (e il nostro) verso di lui.

Parlato tutto in dialetto calabrese è un film in bilico tra il documentario e la fiction realistica. È girato con la camera vicina ai personaggi per coglierne ogni minima smorfia di dolore o di gioia. Questo avvicina Carpagnano ai fratelli Dardenne e a Ken Loach e, di conseguenza, lo immerge in una dimensione di denuncia politica di un sistema, quello mafioso, radicato in ogni angolo di quella regione.

Ma è anche un film sulla difficoltà di accettare un mondo, a cui si appartiene e dove si è nati, ma del quale non si condivide né la filosofia né le scelte “lavorative”. In questo senso è anche un’opera di formazione e di scoperta della propria personalità e di quella degli altri.

Ma A Chiara è un film soprattutto emozionante, per la grande capacità della protagonista di essere naturale e vera. Ecco, è un film che trasuda molta verità, soprattutto nella prima parte dove la famiglia è unita a festeggiare i 18 anni della sorella di Chiara.

Voto 4.5 su 5