Scritto da Sarah Panatta

Tra Inarritu e nuovi realismi, l’esordio sulla “sua”pelle di Reinaldo Marcus Green

La rivoluzione dentro. Il potere e le sue debolezze. La necessità di riscatto e le sue frustrazioni. Fratelli e sorelle di quartiere, uniti nel sangue da secoli di inesausta disparità sociale. Di violenza pestata a calci. E sparata fuori da grilletti facili. Un giovanissimo papà, un promettente giocatore di baseball, un poliziotto coscienzioso, tre neri per una storia, fatta mostri e uomini.

Monsters and menin concorso alla Festa del Cinema di Roma. Tratto da recenti fatti di cronaca. Un uomo punto di riferimento per il “ghetto”, solo e disarmato ma armato della sua “razza” diversa, viene circondato da sei poliziotti ed ucciso da uno di essi durante una confusa perquisizione. Uno dei suoi amici, Manny, assistendo sgomento, furioso, filma tutto con il proprio smartphone. Da quel momento la vita di Manny, ventenne ragazzo padre in cerca di lavoro e rispettabilità, e quella di molti suoi vicini di “casa” pretenderà una svolta inattesa.

Quanto valgono i tuoi diritti? Puoi, vuoi combattere per essi?

Se lo chiede senza timore di retoriche il regista e autore. Lavora infatti con pacata coerenza sugli stereotipi di “genere”, antropologico quanto cinematografico, l’esordio di Reinaldo Marcus Green, che segue i fili di una ragnatela umana che abita gli stessi luoghi, fisici ed emotivi, di molta cinematografia di Spike Lee. Per la sua trilogia di uomini troppo umani, divisi tra senso di responsabilità e di colpa, istinto di sopravvivenza e rivendicazione civile, Green disegna un intreccio debitore degli ultimi vent’anni di cinema occidentale “impegnato”, e delle acrobazie narrative di Inarritu, di cui, tra Babel Amores Perrosripercorre lo slittamento, la moltiplicazione e sovrapposizione dei punti di vista.

Nelle mani di una regia solida e piana, quasi rettilinea, una narrazione così complessa diventa esile favola tragica, in bilico fragilissimo tra epica e documentario, delitto e (mancanza di) castigo, tra perquisizioni, giochi di carte tra amici, occhiatacce, ricatti, rifiuti, sfide, cene condite con insulti, chiacchiere agli angoli della strada. Tra villaggio globale pop e media borghesia pavida, Reinaldo Marcus Green trova il suo modo, ancora acerbo ma empatico, per tracciare la sottile linea rossa di sangue e lotte che segna ancora il cammino dei diritti civili. Che risuona familiare, anche se meno sentito, nella terra nostrana dove tanti casi “Cucchi” gridano giustizia.

In collaborazione con https://lumiereeisuoifratelli.com/